La menopausa può essere bella, se la donna si sente bene

La menopausa è un momento fisiologico della vita della donna che coincide con il termine della sua fertilità e non deve essere vista come una malattia.
«Può essere un periodo bellissimo, se la donna si sente bene ed è ben seguita da un gruppo di medici con un approccio olistico» afferma il dr. Giuliano Zanni. «Questo periodo della vita può presentare alcuni disturbi, ma esistono cure e rimedi utili a garantire comunque una buona qualità di vita».

La menopausa si verifica generalmente tra i 45 e i 55 anni, ma ci sono casi di menopausa precoce o tardiva. Già alcuni mesi prima della cessazione delle mestruazioni, si possono osservare alterazioni del ciclo mestruale e una riduzione degli estrogeni nel sangue.

Quando calano gli estrogeni, la donna è più esposta al rischio di alcune malattie serie. La diminuzione di questi ormoni può causare disturbi sia neurovegetativi sia psicoaffettivi.

Le conseguenze più importanti del calo degli estrogeni sono l'aumento del rischio cardiovascolare e l’osteoporosi. Infatti, fino alla menopausa, gli estrogeni riducono il rischio cardiovascolare nelle donne.

Inoltre, è comune un aumento del peso corporeo durante la menopausa, che rappresenta un ulteriore fattore di rischio cardiovascolare.

«La prevenzione delle complicanze cardiovascolari e osteoarticolari è fondamentale e deve iniziare immediatamente con un regime dietetico controllato e una scelta alimentare attenta» prosegue il dr. Zanni. «Per il trattamento dei sintomi, raccomando l'identificazione di una terapia appropriata e personalizzata, che può includere la terapia ormonale sostitutiva. È cruciale valutare il rapporto rischio/beneficio quando si prescrive una terapia, aiutando la donna a fare una scelta informata».

Questa terapia, se somministrata correttamente, può non solo alleviare i sintomi ma anche proteggere contro l’osteoporosi e le malattie cardiovascolari.


Depressione post partum: prevenire, riconoscere e curare

Uno dei periodi della vita a maggior rischio per le donne è rappresentato dalla gravidanza e dal post partum.
Il Dr. Giuliano Carlo Zanni, specializzato in Ginecologia e Ostetricia, sottolinea l'importanza di riconoscere questo momento delicato.
«Studi epidemiologici condotti in nazioni e culture diverse evidenziano che la depressione post partum colpisce, con diversi livelli di gravità, dal 7 al 12% delle neomamme ed esordisce generalmente tra la 6ª e la 12ª settimana dopo la nascita del figlio, con episodi che durano tipicamente da 2 a 6 mesi. La donna si sente triste senza motivo, irritabile, facile al pianto, non all’altezza nei confronti degli impegni che la attendono».

Il 70-80% delle puerpere sperimenta il cosiddetto 'baby blues' che consiste in una certa instabilità emotiva che colpisce la donna immediatamente dopo il parto e nei giorni ad esso successivi. Non si tratta di uno stato patologico e non vi è necessità di uno strutturato intervento terapeutico (farmacologico o psicoterapeutico), perché questo stato di disagio tende a rientrare spontaneamente in tempi brevi (circa due settimane). ll 10-15% delle puerpere va invece incontro ad un vero e proprio stato depressivo che non tende a scomparire spontaneamente come il 'baby blues'; delle madri non trattate il 50% risultano ancora depresse dopo 6 mesi e il 25% ancora dopo 1 anno.

«Poiché è scientificamente comprovato che la depressione è un disturbo prevenibile, diventa estremamente importante implementare azioni integrate fra diversi settori e a diversi livelli per favorire l’inclusione sociale e garantire il coinvolgimento dell’intera comunità» afferma il Dr. Zanni. «La depressione post partum, se non riconosciuta e trattata, interferisce con le abilità della donna di instaurare un interscambio di comportamenti e di emozioni con il suo bambino e con l’attaccamento, capaci di prevenire le conseguenze negative a lungo termine sullo sviluppo cognitivo, sociale ed emotivo del bambino».

Nonostante l'elevata frequenza dei contatti con operatori sanitari (ostetriche, infermieri, puericultrici, pediatri) sia prima che dopo il parto, raramente il disturbo è riconosciuto né viene offerto un trattamento.

«È importante riuscire a individuare le donne a rischio di sviluppare depressione post partum già in occasione della prima visita o nell’immediato post partum» sottolinea il dr. Zanni. «Solitamente, diagnosi e interventi terapeutici precoci e strutturati risultano efficaci e ben accettati da chi si trova in una situazione di malessere».


Adolescenza femminile: possibili cause di ritardo puberale

La pubertà è un processo biologico durante il quale il corpo di un bambino matura in un corpo adulto capace di riproduzione sessuale. È segnata dalla comparsa di caratteri sessuali secondari, come il seno nelle ragazze (telarca) e la peluria pubica (pubarca), mentre i caratteri primari sono definiti alla nascita e si riferiscono alla forma dei genitali.

Le mestruazioni, o menarca, rappresentano il ciclo mensile di sanguinamento che segnala la capacità riproduttiva della donna. La loro assenza entro i 15 anni è un indicatore di pubertà ritardata.

Tra le possibili cause di ritardo puberale ricordiamo:

  • Genetica, ossia l'età di sviluppo delle parenti femminili
  • Peso Corporeo, in quanto la mancanza di un minimo di tessuto adiposo può impedire l'inizio della pubertà
  • Stress Emotivo, dovuto problemi familiari o scolastici
  • Stress Fisico. Sport che enfatizzano la leggerezza, come la danza, possono contribuire a un'eccessiva magrezza. Di conseguenza, la mancanza di grasso corporeo necessario può impedire il normale sviluppo puberale. Questo può essere aggravato da diete restrittive o disturbi alimentari come l'anoressia.

In alcune ragazze, il ritardo può essere dovuto a ovaie non reattive a causa di condizioni congenite o danni da trattamenti oncologici.

In caso di ritardo puberale, gli accertamenti consigliati sono:

  • Dosaggi Ormonali, per valutare gli ormoni ipofisari e ovarici
  • Radiografia del Polso. Immagine che aiuta a confrontare l'età ossea con quella anagrafica. L'età ossea è un indicatore dello sviluppo fisico e può differire dall'età cronologica, soprattutto in caso di pubertà ritardata
  • Ecografia Addomino-Pelvica, al fine di esaminare l'apparato genitale interno e valutare la maturazione dell'utero e delle ovaie
  • Esame Genetico (Cariotipo). Test che analizza la struttura dei cromosomi per identificare eventuali anomalie genetiche. È particolarmente utile in casi di statura bassa e menarca ritardato, dove possono esserci condizioni genetiche sottostanti.

Il ritardo puberale richiede un'attenta valutazione per determinare la causa sottostante e il percorso terapeutico più adatto.

La comunicazione aperta con i professionisti sanitari e un'approfondita valutazione medica possono aiutare a guidare le famiglie attraverso questo processo.


Chirurgia urologica e trattamento incontinenza

La chirurgia urologica è un campo in rapida evoluzione che si concentra sulla diagnosi e sul trattamento delle patologie del tratto urinario e degli organi riproduttivi femminili.
Questa specialità si occupa di una serie di condizioni che possono avere un impatto significativo sulla qualità di vita delle donne, inclusi disturbi come l'incontinenza urinaria e il prolasso degli organi pelvici.
Negli ultimi anni, abbiamo assistito a notevoli progressi nella chirurgia urologica femminile. L'introduzione di tecniche chirurgiche minimamente invasive, come la laparoscopia e la robotica, ha permesso di ridurre i tempi di recupero e di minimizzare il disagio post-operatorio. Questi avanzamenti hanno reso il trattamento di molte condizioni più sicuro ed efficace.

Una delle applicazioni più comuni della chirurgia urologica femminile è il trattamento dell'incontinenza urinaria da stress (o da sforzo) che si verifica quando vi è una perdita involontaria di urina durante attività che aumentano la pressione addominale, come la tosse, lo starnuto, il riso o l'esercizio fisico.

Le tecniche chirurgiche più diffuse per il trattamento dell'incontinenza urinaria da sforzo includono l'uso di uno sling sintetico, inserito per via vaginale sotto l'uretra.
Questo agisce come una sorta di "supporto", mantenendo l'uretra in posizione, fissata all'osso pubico o alla fossa otturatoria, a seconda del metodo chirurgico adottato.

Il primo tipo, il Tension-free Vaginal Tape (TVT), introdotto alla fine degli anni Novanta, consiste in una fascia posizionata sotto la sezione centrale dell'uretra.
Eseguito in anestesia locale, questo intervento regola la tensione della fascia per supportare adeguatamente l'uretra, evitando problemi di svuotamento. Nonostante un alto tasso di successo (circa il 90%), sono state sviluppate varianti per rendere la procedura ancora meno invasiva.

Un'alternativa senza materiale sintetico è il SupraPubic ARC sling (SPARC), che utilizza lo stesso materiale del TVT ma viene posizionato tramite una singola piccola incisione sovrapubica, ottenendo risultati paragonabili.

La tecnica Trans-Obturator Tape semplifica ulteriormente il processo, posizionando la fascia tramite un'incisione vaginale in una posizione più anatomica rispetto al TVT.

È importante considerare che, nonostante l'efficacia delle tecniche comuni, possono presentarsi complicazioni dovute alla presenza di materiale sintetico, come erosione, infezione e dolore.
Lo sling uretrale autologo transotturatorio (che prevede l'utilizzo di tessuto fibroso prelevato dal corpo della paziente) potrebbe ridurre questi rischi, e i primi risultati appaiono molto promettenti.

«Scegliere di sottoporsi a un intervento di Chirurgia Urologica è una decisione importante» conclude il dr. Giuliano Carlo Zanni. «Per questo motivo è preferibile confrontarsi con un chirurgo di esperienza, in grado di valutare approfonditamente le opzioni di trattamento, i potenziali rischi e i benefici e per prendere una decisione informata, basata sulle proprie esigenze individuali»